motivi per diventare giornalista

5 (+1) buoni motivi per diventare giornalista

Una professione come un’altra, quella del giornalista. Un modo come un altro per portare a casa la pagnotta e godere di un po’ di pensione in vecchiaia. O forse no? Ci sono altri motivi per diventare giornalista?

Personalmente, ritengo quella del giornalismo una professione molto diversa da tutte le altre. Più che una professione, una vera e propria missione. Senza scendere troppo nel filosofico e parlare della scelta nobile di intraprendere questa carriera, soffermiamoci piuttosto sui vantaggi di questo mestiere. Io ne ho individuati 5(+1) – eccoli.

1. Conosci un po’ di gente che conta

Sicuramente, uno dei primi vantaggi dell’essere giornalisti è quello di avere la possibilità di conoscere persone importanti. Anche se sono appena agli inizi della mia carriera, ho avuto già la fortuna di parlare con responsabili nazionali del WWF, rappresentanti delle Nazioni Unite, presidenti di associazioni che si occupano di sostenibilità. Vi ricordo che mi occupo di ambiente, quindi ovviamente si tratta di incontri importanti per il mio settore.

In generale, a livelli più alti e con anni di pratica alle spalle, ogni giornalista che si rispetti può vantare incontri con presidenti, amministratori, politici, personaggi del mondo dello spettacolo, scrittori e chi più ne ha più ne metta.

2. Hai un passe-partout per entrare dappertutto

Giornalisti e poliziotti entrano ovunque, basta mostrare il tesserino. Questo, almeno, è quello che si vede nei film americani di qualche anno fa, dove i giornalisti vengono rappresentati come dei rompiscatole sempre pronti a ficcare il naso dove non dovrebbero. Oggi la situazione è molto diversa.

Al di là di casi rari – come i giornalisti sul fronte di guerra o quelli che fanno inchieste sulla criminalità organizzata – ci sono eventi creati apposta per la stampa, i cosiddetti press tour, in cui i giornalisti sono accolti e possono fare foto, interviste, domande a tutti i partecipanti agli eventi. Altri momenti in cui i giornalisti possono muoversi con una certa libertà sono le conferenze stampa, fatte apposta per permettere ai giornalisti di documentarsi e scrivere poi i loro pezzi.

Grazie a questi momenti, si ha la possibilità di entrare dietro le quinte degli eventi attraverso una “corsia privilegiata” e permettersi il lusso di curiosare e fare domande senza interferire con il lavoro degli altri.

3. Sai le cose prima degli altri

Le voci delle agenzie, le indiscrezioni, corrono veloci. Ma il problema non sta tanto nel sapere subito una notizia, quanto piuttosto nel darla subito, possibilmente prima degli altri. Muore un personaggio importante, cade un governo, viene eletto un nuovo presidente, scoppia una centrale nucleare…un buon giornalista deve essere pronto a raccontare qualsiasi notizia, a farlo bene e prima degli altri. Altrimenti la notizia “si brucia”. La concorrenza è spietata, soprattutto grazie a Internet – basta una manciata di minuti di differenza e tutti vanno a leggere la stessa notizia raccontata dal tuo acerrimo concorrente.

Una delle mie prime “gare di velocità” fu per l’ascesa al Campidoglio dell’attuale Presidente americano, Joe Biden. Malgrado avessi pronta già una bozza dell’articolo (si aspettava la notizia) e l’elezione di Biden si dava per certa già da qualche ora, quando mi misi al computer mi prese il panico e feci un pasticcio con l’immagine di copertina e il titolo. Il mio articolo uscì più di mezz’ora dopo la notizia ufficiale, bruciatissimo e ormai inservibile.

Con il tempo mi sono velocizzata e sono diventata un po’ più bravina – anche perché noi giornalisti non abbiamo la palla di vetro per prevedere il futuro. L’unica cosa che possiamo fare è rincorrere la notizia. Il trucchetto, mi ha spiegato la mia caporedattrice, è pensare prima alle cose essenziali e poi ai fronzoli. Si scrive un titolo a effetto, si sceglie un’immagine (fondamentale!), si imposta un mini-articolo con la notizia essenziale e SI PUBBLICA. Altrimenti la concorrenza ci batte sul tempo. Iniziamo a piazzarci in una buona posizione pubblicando prima degli altri, poi dedichiamoci a scrivere un bel pezzo.

4. Hai una visione del mondo a 360°

Prima di fare informazione è importante essere informati, e respirare l’aria di una redazione – piccola o grande che sia – vuol dire anche questo. Ovviamente, non si può sapere tutto di ogni settore e si finisce per specializzarsi in un determinato campo. Tuttavia, essere giornalisti vuol dire anche avere una finestra sempre aperta sul mondo e avere un’idea, anche vaga, di quello che sta succedendo accanto a noi.

Disastri naturali, avvicendamenti politici, emergenze sanitarie, guerre, ma anche mostre cinematografiche, gare sportive e kermesse culturali. A cosa serve sapere tutte queste cose? Non si può mai sapere cosa succederà domani e di cosa si dovrà scrivere, pertanto bisogna essere pronti a tutto. Certo, si può fare una veloce ricerchina in Internet per capire di cosa stiamo parlando, ma almeno un’infarinatura la si deve avere. Altrimenti si finisce a fare la gaffe epica che feci io (per cui la direttrice ancora oggi mi prende in giro), che ignoravo che Philip Morris fosse uno dei più importanti marchi di sigarette al mondo!

5. La gente si fida di te

I lettori o ti amano o ti odiano. Se è vero che c’è una buona fetta di haters che grida al complotto e mette in dubbio ogni rigo pubblicato dalla testata, sostenendo sia solo un mucchio di fandonie pilotate dall’alto (da chi poi?!), è vero anche che ci sono tantissimi lettori che si fidano di noi, di ciò che viene pubblicato ogni giorno, dei nostri rimedi e consigli.

Ogni giorno arrivano in redazione decine di messaggi: critiche feroci, certo, ma anche messaggi di ringraziamento e stima nei confronti del nostro lavoro. Anche a me, personalmente, sono arrivati nel tempo messaggi da entrambe le fazioni. Al di là di qualche minaccia di querela per diffamazione (rimasta una minaccia, perché non c’erano gli estremi per procedere), non sono mancati messaggi di apprezzamento verso qualche mio pezzo in particolare. Questi messaggi sono la prova tangibile che i lettori non sono un vaso vuoto in cui scaricare tutte le notizie, ma persone che apprezzano il lavoro del giornalista – soprattutto se è fatto bene!

Motivo BONUS: Hai nelle mani l’arma più potente che esista

Eh sì perché, checché se ne dica, il linguaggio – scritto o verbale – resta una delle armi più potenti nelle nostre mani. Con i nostri articoli, con la scelta delle notizie da trattare e con il taglio che diamo loro, noi giornalisti influenziamo il nostro pubblico – nostro malgrado.

Prendete una stessa notizia, una qualsiasi, e leggetela da cinque testate diverse. Noterete la scelta di rivelare alcuni dettagli in luogo di altri, di omettere nomi o altre informazioni, di basarsi sulle dichiarazioni dei diretti interessati, di dare un giudizio di valore all’evento. Ogni redazione sceglie di seguire una propria linea editoriale, di dare peso alle donne per esempio, o di parlare di conflitti e tragedie dimenticati dai grandi media – o al contrario di cercare il titolo sensazionalistico per acchiappare lettori, di virare sulle notiziette succulente perché inerenti alla violenza o al sesso.

Ognuno di noi, armato di tastiera, racconta a suo modo i fatti, gli eventi, fornisce una propria versione della storia. Siamo umani, e siamo influenzati dal nostro vissuto, dalle nostre credenze, dalla nostra ideologia politica. È naturale. Sta al lettore attento prendere con le pinze l’informazione e darla per vera al 90%, lasciandosi la possibilità di leggerla anche da qualche altra fonte – giusto per avere un quadro più completo.

In questo articolo vi ho raccontato i miei motivi, quelli che mi hanno spinto a intraprendere la carriera di giornalista.

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