Cicatrici

Era iniziata come una storiella di poco conto, come un divertimento privo di ogni serietà. Quando avevano iniziato ad uscire insieme, lei e Franz, Louise dubitava seriamente che la loro frequentazione sarebbe durata fino alla fine della settimana, o del mese. Ma poi i giorni avevano iniziato ad accumularsi uno dopo l’altro, quasi senza che se ne accorgessero, mentre l’intesa fra di loro si faceva sempre più intensa e profonda.
Un’intesa fisica certo – malgrado la timidezza e l’inesperienza di entrambi – ma soprattutto una comunione di anime, una crescente fiducia l’uno nell’altra che li aveva portati a raccontarsi i segreti più intimi, a condividere le paure e le angosce che li attanagliavano e che, per assurda combinazione del destino, sembravano essere così simili.

Ci era voluto un po’ di tempo prima che lei avesse il coraggio di aprirsi a lui e raccontargli della morte di suo padre, spirato fra le sue braccia. Avevano pianto insieme quella sera, seduti sulla panchina della villa comunale, e lui l’aveva consolata come nessuno era mai stato in grado di fare prima. Malgrado facesse di tutto per negarlo a se stessa e al mondo, lei ne era davvero innamorata, e al solo pensiero di perderlo le saliva un’incredibile angoscia.

Più volte suo fratello aveva messo il dito nella piaga, suggerendole di lasciarsi andare ai sentimenti, di non essere sempre così restia e scontrosa al contatto con lui, di proporre qualche volta anche lei qualche attività da fare insieme – e tutti questi consigli la mandavano in bestia, perché sarebbe significato ammettere di provare qualcosa di più di una semplice attrazione.
Ora erano qui, avvinghiati in un abbraccio stretto, pronti a fare l’amore insieme. Avevano concordato il giorno e l’ora da molto tempo – un pomeriggio in cui il padre di Franz sarebbe stato di turno in fabbrica e la madre avrebbe accompagnato il fratellino alla partita di basket – per essere certi di avere campo libero in casa. Louise non aveva proposto casa sua perché sempre occupata da qualche membro della sua famiglia – per non parlare del fatto che l’idea di farlo sul suo lettino le faceva in qualche modo ribrezzo.

Franz allungò le mani sui suoi vestiti – neri come sempre – sul top leggero e sui pantaloncini che mettevano in risalto le gambe snelle, e quasi con devozione iniziò a spogliarla.
Louise era eccitata.
La voglia che aveva di lui superava l’imbarazzo per la nudità, la paura che qualcosa potesse andare storto, l’ansia connessa a questo loro primo incontro. Voleva farlo suo, ed essere sua a propria volta, voleva congiungere i loro corpi come era già avvenuto per le loro anime. Voleva farlo adesso e, malgrado non volesse mai cedere al romanticismo, non poteva fare a meno di desiderare un momento magico, come ogni ragazza di fronte alla sua prima esperienza con il sesso.
Si ritrovarono stesi sul lettino con le lenzuola degli Avengers – nerd che non era altro – e la posizione diversa offriva nuove possibilità all’esplorazione del ragazzo che con passione non lesinava baci e carezze dappertutto. Inesperto sì, ma non mancava di intraprendenza. Qui un giorno ci facciamo l’amore, le aveva detto la prima volta che era stata a casa sua, con un sorriso malandrino che mascherava la serietà di quella promessa. Era stato solo un paio di mesi prima.

Franz si allontanò un attimo, per poggiare gli occhiali sulla scrivania e per sfilarsi la maglietta, e fu allora che li vide: il corpo della sua ragazza era pieno di segni, di graffi, di tagli – non dappertutto, altrimenti se ne sarebbe di certo accorto prima, ma concentrati in alcune zone: dietro le spalle, sulla pancia, sulla parte superiore della coscia. Erano tagli regolari, precisi, fatti da una mano ferma e determinata nella sua intenzione, di certo non graffi dovuti a qualche incidente o caduta. Osservando meglio vide che ve ne erano molti altri, cicatrici di vecchie ferite ormai rimarginate ma rimaste come un promemoria inciso sulla pelle.
“Ma che hai fatto?” chiese spaventato.
Louise non rispose, muta e imbarazzata che qualcuno frugasse nella sua vita e nei suoi problemi. Quante volte in preda all’angoscia, ai sensi di colpa, all’opprimente sensazione di sentirsi inutile e fallita, aveva preso un coltello dal cassetto della cucina e si era inflitta quelle ferite – all’inizio erano un modo perverso di sentirsi meglio, ma con il passare del tempo avevano perso anche quell’effetto e adesso erano solo sfregi sulla pelle.
“Vuoi dirmi cosa sono tutti questi tagli?” insistette Franz. Non si volle dare per vinto e proseguì, un sussurro all’orecchio di lei: “Da quanto tempo è che ti fai questo?”
“Non mi va più…scusami” fu tutto quello che Louise riuscì a mormorare a denti stretti, così piano non era certa di aver davvero pronunciato quelle poche parole. Riprese in fretta la maglietta che aveva fatto cadere a terra e se la infilò nuovamente, colta da un repentino moto di imbarazzo. In quel momento voleva solo sparire, cancellare quell’ultima mezz’ora e rintanarsi dentro la sua stanzetta.
“Ok, non c’è problema” sussurrò Franz, troppo sconvolto da ciò che aveva scoperto per pensare all’occasione sprecata. “Ma non andare via, ti prego.”
Voleva sapere perché si maltrattava così, perché si faceva del male, sfigurando la sua bellezza e maciullandosi l’anima e, soprattutto, perché non voleva confidarsi con lui, che l’avrebbe ascoltata senza ferirla né giudicarla.
Resosi conto che non avrebbe ottenuto una risposta da lei, Franz la sorprese con la sua tenerezza. Prese ad accarezzare e a baciare ogni ferita, ogni segno sulla sua pelle, anche quelli vecchi e ormai rimarginati, senza smettere mai di guardarla negli occhi. Smise di fare domande, di chiedere i motivi di quei gesti disperati – del resto ora non era così importante: avrebbero parlato a tempo debito, ne era certo, come era certo che quei tagli rappresentavano un disperato bisogno di aiuto e di amore che lui stava tentando di colmare.
Spostò le ciocche di capelli corvini che gli avevano fatto perdere la testa e si inebriò del profumo della sua pelle, sentendo che tremava fra le sue braccia, forse per paura o forse per la vergogna di essersi metta a nudo, fisicamente e spiritualmente.
Anche lui aveva paura – in fondo, aveva solo diciotto anni e Louise era la sua prima ragazza – ma era meno spaventoso essere in due. Le disse più volte che l’amava, che era la cosa migliore che gli fosse capitata, ma lei ancora una volta non rispose, lasciando che fossero le sue mani e i suoi baci a parlare per lei.

E poi, finalmente, Louise pianse. Dapprima era un pianto sommesso, quasi impercettibile, ma non appena Franz smise di baciarla e le si stese accanto, iniziò a singhiozzare disperata, affondando il volto nell’incavo della sua spalla affinché lui non potesse vederla. Mai come in quel momento, si sentiva vulnerabile e fragile: Franz l’aveva vista nuda, aveva toccato tutte le sue ferite, l’aveva sfiorata dove nessuno aveva osato mai.
Si fidava del suo ragazzo, eppure non riusciva ancora ad aprirsi completamente con lui, a lasciarsi andare come avrebbe voluto. E così si limitò a piangere fra le sue braccia forti, mentre lui la consolava come poteva, standole vicino con un silenzio carico di amore.
Dopo un tempo che parve interminabile, Louise parve calmarsi. Smise di piangere, prese un fazzoletto dal comodino e si asciugò gli occhi ed il naso. Tutto il suo malessere, che teneva gelosamente custodito in un angolo buio del suo cuore, era venuto a galla con quel pianto liberatorio. Un giorno gli avrebbe parlato, gli avrebbe mostrato le angosce che l’attanagliavano, ma intanto se ne stava accoccolata, stretta nel suo abbraccio che non chiedeva nulla.

Piano piano riuscì ad alzarsi, a riprendere un contegno. Si rivestì in silenzio, recuperando le sue cose e preparandosi per andare via. Senza dire nulla lasciò l’appartamento, si mise in macchina e guidò adagio verso casa. La sua mente ed il suo cuore però erano rimasti con lui.
Franz si sedette sul letto disfatto, sfiorando le lenzuola con le dita. Non era una ragazza facile, lo aveva capito da subito, ma gli piaceva e non ci aveva pensato due volte a chiederle di uscire – del resto, anche lui aveva i suoi fantasmi che ogni tanto tornavano a tormentarlo. Si era innamorato di lei, e quella che era nata come una frequentazione di poco rilievo era fiorita in un’intensa storia d’amore. Tutto ciò che desiderava era renderla felice, o quantomeno serena, e sperava davvero che quel momento di intimità così profonda fra di loro potesse essere il primo passo per entrambi verso una nuova dimensione della loro relazione, una dimensione in cui non ci sarebbero state più le angosce del passato a tirarli verso il buio.


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