Delirium

Se c’era una cosa che l’aveva sempre aiutata a rilassarsi, da quando era iniziata la guerra nel suo Paese, era il sommesso borbottio delle ruote cingolate che macinavano il terreno sconnesso: un suono rassicurante, che la faceva sentire in qualche modo a casa – lei che una casa ormai non l’aveva più. Anche ora, seduta accanto ad Anton, quel monotono borbottio le stava facendo pian piano passare lo spavento, anche se l’angoscia restava.
Anton giaceva accanto a lei, sistemato alla meglio sull’unica cuccetta nella pancia del carro armato. Dormiva, dopo un paio d’ore trascorse fra i lamenti ed il delirio. Finalmente riposava, grazie anche al sonnifero che Maxim gli aveva fatto prendere, ma lo stesso non si poteva dire di Kyra che continuava a guardarlo, ad accarezzargli i capelli bagnati e ad tergergli il sudore dalla fronte con un vecchio e logoro asciugamano.
Aveva ancora davanti agli occhi la scena terribile alla quale aveva assistito solo poche ore prima. Un soldato dell’esercito nemico era riuscito ad ottenere informazioni circa il suo arrivo in città e il suo incontro con la spia: aveva ricevuto ordini dall’ammiraglio Krasiński in persona– ucciderla, se necessario, pur di mettere le mani sui piani della neonata base militare. Per questo motivo aveva già fatto fuori la spia e si era presentato al suo posto all’incontro con Kyra, e per questo motivo era partita quella scarica di kalashnikov, la scarica che aveva colpito Anton in pieno addome. Quella scarica era mirata a lei, ma Anton era stato più veloce e si era lanciato fra lei e il suo aggressore, facendosi colpire in pieno. Le aveva salvato la vita, ancora una volta, senza starci a pensare troppo.

Non che le sparatorie le facessero impressione: lei stessa, qualche frazione di secondo dopo aveva fatto fuoco sul soldato nemico e lo aveva colpito, lasciandolo stramazzato al suolo. Neppure la vista del sangue e della sofferenza la metteva in difficoltà. Era il fatto che ci fosse Anton steso a terra al posto suo, con la camicia bucata e bruciacchiata e con la carne viva in vista, a metterla in angoscia. Aveva perso i sensi quasi immediatamente, appena toccato l’asfalto della strada, e a Kyra non era rimasto altro che inginocchiarsi accanto a lui e gridare aiuto. Come era prevedibile, nessuno si era fatto avanti per soccorrerli: c’era stato uno scontro a fuoco e c’era scappato il morto, e le persone volevano farsi i fatti propri per cercare di non finire nei guai con il regime. Così Kyra aveva chiamato Maxim con la radio e aveva atteso minuti interminabili che venisse a recuperarli.

Nella pancia del carrarmato, Maxim si era occupato del suo amico, spogliandolo dei brandelli di camicia e iniziando un trattamento di emergenza, con quelle poche medicine di cui ancora disponevano dopo mesi di combattimento in trincea: vista la sua dimestichezza, era evidente che non fosse la prima volta che lo ricuciva. Kyra invece aveva pensato a mettere in moto il mezzo e a fare un breve rapporto ai loro superiori circa il fallimento della missione. Bisognava agire, e alla svelta, per quella fuga di notizie tanto grave: se Krasiński era arrivato a sapere del suo incontro con la spia, con buona probabilità era già a conoscenza anche dell’ubicazione della loro base, o l’avrebbe scoperta molto presto. Oppure fra di loro c’era una spia che faceva trapelare le informazioni, o c’era una falla nel loro sistema di sicurezza – in ogni caso il problema andava risolto al più presto per evitare altri incidenti o, peggio, un attacco alla loro base.

Quando scese nella cabina, Maxim stava ancora mettendo in ordine i flaconcini nella cassetta del primo soccorso: mormorò fra sé qualcosa che Kyra non fu in grado di comprendere, poi la lasciò sola con Anton. L’uomo giaceva semicosciente sul piccolo lettino, sbraitando e dimenandosi. Gli era salita la febbre come risposta immunitaria alla profonda ferita, per cui aveva iniziato a delirare: parlava perlopiù nella sua lingua nativa, e Kyra non capiva neanche una parola di quello che diceva – forse si stava lamentando per il dolore, forse imprecava…chissà. Tutto quello che Kyra poteva fare era sedere accanto a lui, stargli vicino, stringergli forte la mano fra le sue e sussurrargli che sarebbe andato tutto bene, anche se probabilmente non la stava ascoltando. Bisognava aspettare e sperare: arrivati alla base, lo avrebbero portato in infermeria, augurandosi che non fosse troppo tardi – non era detto che ci sarebbe arrivato vivo.

Quando si fu addormentato, Kyra tirò un sospiro di sollievo: la situazione non migliorava, ma almeno la sua sofferenza era attutita. Sembrava così innocente nel sonno, quasi un ragazzo, con i capelli scomposti e niente a coprirlo se non un candido lenzuolo: non assomigliava affatto al presuntuoso spaccone con il quale aveva litigato quella stessa mattina.
Ormai era inutile negarlo, si era affezionata a lui in un modo che non avrebbe mai immaginato potesse accadere: nonostante tutto le infondeva sicurezza, fiducia, e quel ribollire nelle viscere che aveva sempre attribuito ad un istintivo odio nei suoi confronti non era altro che una manifestazione fisica dell’effetto che Anton aveva su di lei. Come avrebbe fatto ad andare avanti se lui ci avesse rimesso la pelle, se fosse morto per permetterle di salvarsi? Avrebbe avuto quel peso sulla coscienza per sempre, insieme a quello di tutte le persone che erano morte nella distruzione della sua città e alla cui assenza ancora non si rassegnava…no, non si sarebbe più data pace.
Lacrime amare iniziarono a scorrerle lungo le guance, e presto si trasformarono in un pianto convulso e incontrollato, ma non fece nulla per frenarsi: aveva bisogno di sfogarsi, di piangere tutte le lacrime che aveva in corpo, e di pregare Dio che non fosse troppo tardi per poterlo salvare.
Appoggiò la testa sulla sua spalla, stringendo più forte la sua mano. “Brutto idiota, borioso e saccente!” esclamò. “Credi di essere invincibile, non è vero? Per questo ti sei lanciato nella traiettoria del fuoco, per sfidare la morte…quei colpi erano destinati a me, non a te, testa calda!”
Lei stessa solo poche ore prima lo aveva accusato di essere un egoista, di pensare solo ai suoi interessi, e lui per tutta risposta aveva messo in gioco la propria vita per salvarla a lei. Avrebbe voluto tornare indietro a quella mattina e rimangiarsi quelle parole così taglienti, quelle offese che lui non meritava di ricevere.

“Non te ne andare ora, ti prego” singhiozzò fra le lacrime. “Non ce la faccio ad andare avanti senza di te.”
In quel momento era stato il suo cuore a parlare, senza più freni o inibizioni: quelle parole dette con sincerità disarmante erano suonate così strane alle sue stesse orecchie e l’avevano sorpresa, perché erano la dimostrazione lampante che lo amava, anche se non glielo aveva mai detto e se forse non lo avrebbe fatto mai. Lo amava nonostante la sua superbia e la sua arroganza – oppure proprio per questo. In un impeto di coraggio gli prese il volto fra le mani e premette a lungo le labbra bagnate dalle lacrime contro quelle bollenti di lui, poi si alzò dall’angusta brandina e tornò nella cabina di guida, abbassando al minimo l’illuminazione per lasciarlo riposare.

Nei giorni che seguirono il loro arrivo alla base Anton rimase incosciente in un letto dell’infermeria, ancora in bilico fra la vita e la morte. Kyra non andò mai a trovarlo, a vedere come stesse, ma teneva costantemente sotto controllo la sua situazione attraverso i dati dei macchinari al quale era attaccato – senza contare i frequenti rapporti fatti sottobanco dal comune amico Maxim: non voleva che qualcuno la vedesse al suo capezzale, immaginando chissà quale relazione li tenesse legati. Temeva inoltre che non sarebbe riuscita a controllare le proprie emozioni se fosse stata lì accanto a lui, come era già successo appena dopo l’incidente.
Quella missione fu la causa di un lungo periodo di riabilitazione tollerato assai malvolentieri da Anton, nonché della profonda cicatrice sul suo fianco sinistro che non si sarebbe rimarginata facilmente. Ma fu anche l’inizio delle sue continue e via via più insistenti domande a Kyra sulla natura dei suoi sentimenti, sulla sua possibile attrazione per lui: voleva capire e accertarsi se quelle parole, quel bacio che lui ricordava così vagamente fossero stati veri o solo parte del suo delirio.


Questo racconto ha partecipato all’edizione 2023 del Maggio dei racconti.

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