La maga

Mi passo una mano sugli occhi, frustrato, mentre butto da un lato le coperte. È la quinta volta in questa settimana che la sogno, ormai ho perso il conto di quante volte sia successo questo mese. Lo spirito di una ragazza morta. Non so chi sia, non ho idea di cosa voglia da me, non viene a portarmi messaggi o indizi o numeri per gli investimenti in borsa. So solo che è morta e che sta diventando il mio tormento.
Vi potreste chiedere come faccia a sapere che è morta se non la conosco neppure. Beh, devo dire che all’inizio neanche io lo avevo capito subito. Inizialmente credevo che fosse qualche mia vecchia conoscenza, una compagna di scuola o un’amica di mia sorella – insomma, qualcuno che avesse realmente fatto parte della mia vita in qualche maniera ma di cui non avevo memoria. Ma più continuavo a sognarla, più mi rendevo conto di non averla mai conosciuta né vista, neanche in fotografia. E poi c’era il suo aspetto, a ogni sogno sempre più macabro e inquietante, il suo vestitino svolazzante a fiori sempre più sporco di quello che sembrava essere fango misto a sangue raggrumato, quello che sgorgava continuamente da uno squarcio sempre aperto sul costato di cui non mi ero accorto le prime volte che l’avevo sognata.
È sicuramente una morta, su questo non ci piove. Ma chi diavolo è e cosa vuole da me? È forse la vittima di qualcuno che ho difeso in tribunale e che grazie a me l’ha fatta franca? Sta forse cercando di farsi giustizia a modo suo?

Il sogno dal quale sono appena riemerso, è stato più angosciante degli altri – se possibile. Sono con mia nonna – premetto che mia nonna è morta quasi vent’anni fa – e la sto accompagnando al cimitero. Indossa quel suo vestito marrone con le tasche sul davanti che le piaceva tanto, quello con cui l’abbiamo seppellita. Arrivati al cimitero, troviamo questa ragazza.
Che ci fai qui? le chiedo. Che cosa vuoi da noi?
La ragazza sorride, mostrando tracce di terriccio e di sangue coagulato fra denti un tempo candidi. Sto ritardando la morte sussurra.
Dopo questa frase mi sono svegliato di soprassalto. Che diavolo vuol dire “sto ritardando la morte”? Mia nonna è morta da anni ormai…ha qualcosa a che vedere con la mia morte? Si tratta di un sogno che preannuncia la mia fine imminente?

E pensare che un tempo neanche ci credevo a queste baggianate. Sciocchezze prive di senso e di aderenza con la realtà – i sogni premonitori, le apparizioni degli spiriti, gli oroscopi e tutte queste scemenze. Ma l’immagine di questa ragazza sta ribaltando tutte le mie certezze, mi sta spingendo a credere che qualcosa esista, che non mi sto immaginando tutto da solo. Oppure sto soltanto impazzendo e non riesco più a distinguere cosa sia vero e cosa sia invece frutto della mia mente bacata.


“Dovresti andare da un medium” dice Melissa, esperta di cabale, oroscopi e compagnia bella. Mia sorella e, attualmente, anche mia coinquilina. Recentemente, in preda alla disperazione, le ho parlato un po’ dei miei incubi ricorrenti. Del resto, è difficile nascondere i tuoi problemi notturni a una persona che vive sotto il tuo stesso tetto e che dorme nella stanza accanto alla tua. “C’è bisogno di un esperto per risolvere questo enigma.”
“Non è un enigma, Mel. Sono solo un po’ stressato in questo periodo…immagino cose. Forse dovrei prendermi un paio di giorni di ferie.”
“Fa’ quello che vuoi. Secondo me questa ragazza sta cercando di dirti qualcosa.”
“Sì, per esempio che a breve morirò? Non essere ridicola – nessuno può prevedere il futuro.”
“Sei sempre il solito scettico. Il nostro destino è scritto nelle stelle, a ben leggere troverai tutte le risposte che cerchi.”
“Ma a me non servono risposte” sbotto. “Non voglio sapere quando morirò, né in che modo. Voglio solo dormire la notte, possibilmente senza sognare ragazzine cadaveri.”
Melissa si alza dalla poltrona e va a prendere il suo iPad. “Perché non provi a metterti in comunicazione con lei?” Apre la pagina di Amazon e digita Tavola Wikka: una sfilza di risultati compare sotto al suo naso. “Magari potremmo organizzare una seduta e chiederle cosa vuole da te…forse è un’anima che ha ancora qualche legame con questo mondo e non è libera di passare in un’altra dimensione.”
“Una seduta spiritica? Io e te?”
“Sì, non credo sia difficile – l’ho visto fare in un film. E poi qui vendono anche dei manuali esplicativi per usare la tavola a casa.”
“Lascia stare questi giocattoli e chiudiamo qui l’argomento. Io me ne vado in tribunale che ho l’udienza – non aspettarmi per mangiare, farò tardi.”
“Come al solito” commenta Mel. “A volte mi sembra di non averlo neppure un coinquilino…o un fratello.”


Mi sveglio in un lago di sudore, praticamente già seduto in mezzo al letto. Non ce la faccio più, ogni volta sempre peggio…ho bisogno di dormire, sto impazzendo! Ancora una volta la ragazzetta morta, ancora una volta un sogno ambientato in un cimitero. Stavolta ho visto il mio cadavere impiccato a un cipresso, mi ci ha portato lei a vederlo, sghignazzando come Satana in persona. Vedermi morto mi ha impressionato davvero, è forse la cosa più angosciante che io abbia mai sognato. Ma perché questa atroce punizione?
“Tutto bene?” sussurra Melissa sull’uscio della porta della mia stanza. “È mezz’ora che gridi come un indemoniato.”
“Sul serio?”
“Eh già.” Si mette seduta accanto a me sul lettino e accende la luce dell’abatjour. “Allora? Che vuoi fare con questa faccenda? Guarda che questi tuoi incubi stanno diventando un problema anche per me.”
“Che posso fare?” le faccio eco sconsolato. “Sto provando anche a prendere dei calmanti, ma sembra che non servano a niente.”
“E intanto sei sempre più stanco – hai delle occhiaie da far paura, immagino quanto faccia schifo la tua capacità di concentrazione in ufficio. Le medicine non servono a niente, devi parlarne con qualcuno.”
Melissa crede nella magia occulta sin da quando era piccola – da quando, per il suo decimo compleanno, nostra zia Olivia ebbe la brillante idea di regalarle un mazzo di carte per la divinazione. Ricordo che perse l’intera estate a fare profezie a tutti, interpretando con la sua fantasia di bimba i disegni misteriosi che le carte mostravano di volta in volta. Quello fu solo l’inizio: nel corso degli anni ha seguito corsi di divinazione, di lettura della mano, di studio degli oroscopi e non so che altro, sperperando un sacco di soldi. E continua ancora a formarsi su questi argomenti che, a suo dire, le danno una visione più completa della vita e con cui può aiutare anche gli altri. Ma Melissa è solo un’esperta di arti divinatorie, non è una maga o una veggente. Non ha alcun potere mistico, se ne è resa conto anche lei, quindi ogni tanto si arrende al potere delle persone dotate di poteri soprannaturali che permettono loro di predire il futuro, preparare filtri, parlare coi morti: i maghi.
“Se pensi che io possa andare da un cialtrone e raccontargli della mia insonnia…” inizio la mia arringa, ma il suo gesto risoluto mi blocca subito.
“Fai quello che ritieni più opportuno” replica acida. “Io lo sto dicendo per il tuo bene. Vorrà dire che da domani comprerò un paio di tappi per le orecchie, per non dover più sentire i tuoi lamenti notturni, o addirittura che dovrai trovarti un altro coinquilino perché io non ti sopporto più!”
Mi passo una mano sulla faccia, esausto. Non so se è paggio la ragazzina morta che mi tormenta di notte o mia sorella che lo fa di giorno – in ogni caso non posso reggere ancora a lungo questa pressione. Tanto vale che faccia un tentativo. “Andrò da un mago” annuncio rassegnato. “Sei contenta?”
Vedo il suo volto distendersi in un sorrisetto appena percettibile, ma che non sfugge a me che la conosco da quando è nata. Fa sempre così quando ottiene quello che vuole. Senza dire nulla si alza dal lettino, va nell’altra stanza e torna dopo qualche istante. “Nella eventualità che tu ti decidessi ad andare finalmente da qualcuno, avevo già appuntato l’indirizzo e il contatto di questa maga, dicono che sia la migliore qui a Detroit” mi dice. “Ed è a due passi da qui. Se vuoi posso accompagnarti.”
“Preferisco andarci da solo.” Collasso sul letto, esausto. La sveglia mi comunica che sono le 4 e 35 del mattino. “È già abbastanza imbarazzante così.”


Lo studio della maga è molto diverso da come me lo aspettavo. Diversamente da come dipingono questi luoghi nei film, entro in una sala d’attesa che sembra molto più simile a quella di un dentista che a quella di un’esperta di magia e stregoneria. Certo, alle pareti sono appese immagini degli oroscopi e di altre fandonie astrologiche, ma potrebbero essere prese per stampe decorative in stile new age. Mi siedo su una sedia libera in un angolo della stanza e attendo il mio turno dietro altri tre clienti, cercando di nascondermi nel libro che mi sono portato appresso e sperando che nessuno mi riconosca. Se qualcuno dei miei clienti sapesse che vengo qui e che credo nella magia occulta, la mia carriera di avvocato sarebbe finita.
Quando tutta la sala si è svuotata e sono rimasto ormai solo, la maga si manifesta alla mia vista. Anche lei è molto diversa da come la immaginavo: niente palandrana informe e scolorita, niente bracciali pieni di ciondoli che tintinnano, niente occhi spiritati dal contatto con l’aldilà. È una donna normale, che ha forse una decina d’anni più di me, vestita con un paio di jeans e una camicetta chiara. L’unica bizzarria che posso imputare al suo look sono gli anelli che porta a diverse dita dei piedi infilati in sandali di cuoio.
“Finalmente Michael, ti stavo aspettando. Seguimi.”
Sono sorpreso che sappia il mio nome, ma è solo un attimo. Forse ha sparato a caso per impressionarmi e ci ha preso – del resto, il mio è un nome piuttosto comune.
“So cosa stai pensando…ti chiedi dove sia il tranello” risponde la maga, quasi mi leggesse nel pensiero, mentre mi fa strada verso lo studio dove non vedo né sfere di cristallo, né pentoloni arrugginiti che sobbollono su fornelletti dalle fiamme verdi, né scaffali pieni di boccette di filtri e pozioni strane. È la copia più bella dello studio del mio osteopata, che frequento ogni tanto quando voglio farmi del male. “Ti sembra strano che stessi aspettando proprio te? Guarda che non voglio prenderti in giro.”
Chiude la porta del piccolo studio e mi invita con la mano a prendere posto di fronte a lei.
“Non credo che ci conosciamo” bofonchio.
“No, infatti. Ma diciamo che ti ho mandato a chiamare – anche se ci hai messo parecchio a recepire il messaggio e a farti vivo. Mi avevano detto che eri un po’ tontarello, ma non credevo fino a questo punto.”
“Si può sapere chi mi ha mandato a chiamare e cosa vuole da me? Guardi che non ho tempo da perdere.”
“Qual è il motivo che ti ha portato qui?” chiede, ignorando del tutto i miei interrogativi e la mia frustrazione.
Sbuffo contrariato. “Ho delle visioni notturne.”
“Benissimo!”
“Come benissimo?!”
“Guarda che Alice te l’ho mandata io nella speranza che ti conducesse qui, da me.”
“Alice?” ripeto incredulo. “È la ragazza che mi tormenta quasi ogni notte?”
“Proprio lei. È la figlia di una mia cliente, morta giovanissima in un incidente d’auto – fu investita mentre attraversava la strada tornando da scuola qualche anno fa, una brutta faccenda. L’ho conosciuta quando sua madre si è voluta mettere in contatto con il suo spirito, e mi è sembrata subito la persona adatta ad aiutarti.”
“Aiutarmi a far cosa, esattamente? A impazzire?” Ho una gran voglia di alzarmi e andarmene via da qui, ma al tempo stesso una morbosa curiosità che mi tiene inchiodato alla sedia. Voglio andare fino in fondo a questa storia.
“Ad attrarre la tua attenzione, affinché tu ti rivolgessi a me. Le modalità con le quali è intervenuta le ha decise da sola…sai com’è, i giovani sono sempre intemperanti e hanno tante belle idee.”
Mi passo una mano fra i capelli, cercando ogni mezzo per tenere sedata la mia rabbia. “Sono qui, ora mi dice cosa vuole da me? Al contrario suo, che può permettersi di pontificare seduta sulla sua comoda poltroncina, io devo lavorare per guadagnarmi da vivere.”
“Lascia che ti spieghi, caro” inizia flemmatica. “Alcuni mesi fa è venuta da me una giovane donna e mi ha chiesto un filtro d’amore. Era già da tempo che si struggeva per un suo collega di lavoro, un promettente avvocato, ma questo sembrava non degnarla neanche di uno sguardo. Era come se non si accorgesse di lei, né di nessuna altra donna all’interno dello studio o del tribunale. Io ho cercato di capire qualcosa in più su di lui, sul rapporto che avevano, in modo da preparare il mio filtro migliore, e glielo diedi dopo qualche giorno spiegandole in ogni dettaglio come usarlo perché fosse efficace. Lascia che ti spieghi un attimo il mio modus operandi, come dite voi in tribunale. I miei filtri d’amore non ingannano chi li beve, costringendolo a provare attrazione per una persona che in realtà non gli piace. Sono piuttosto uno strumento con cui egli può aprire gli occhi e accorgersi della persona segretamente innamorata di lui. L’amore, poi, verrà da sé se è quello che entrambi vogliono – oppure no, se la loro unione non è scritta nelle stelle.”
Come una buona oratrice in tribunale, la maga fa una pausa ad effetto, aspettandosi forse un commento da parte mia, ma io rimango muto. Ancora non ho capito cosa accidenti c’entro in questa storia.
“Dopo un paio di settimane la donna tornò in lacrime dicendomi che il filtro non aveva funzionato. Lo aveva somministrato all’uomo che di cui era innamorata nel modo in cui le avevo detto di fare, e aveva anche iniziato a mettere in pratica qualche strategia per mostrarsi più seducente ai suoi occhi, ma era stato tutto inutile. L’uomo sembrava insensibile non solo al mio filtro, ma anche al suo fascino. Le dissi che, se il filtro non aveva funzionato, era perché il cuore dell’uomo evidentemente era già occupato: doveva essere innamorato di qualcun’altra – era questa l’unica spiegazione. Io non mi metto a sfasciare le coppie con i miei incantesimi!” Aggiunge questa specifica quasi indispettita, come a volermi dare a bere l’onestà della sua professione. “Ma la donna si era accertata che non ci fosse nessuno nella vita dell’avvocato che gli avesse già preso il cuore, nessuna moglie o fidanzata o amante. Nessuno. Allora io e la donna giungemmo a una conclusione: era il lavoro l’amore dell’avvocato, l’unico oggetto di devozione e desiderio. Si trattava di una persona talmente innamorata del proprio lavoro da essere insensibile a qualsiasi tipo di seduzione o di magia.
Ovviamente dissi alla donna di lasciar perdere, che quell’uomo non era conquistabile in nessuna maniera. Ma lei non volle darsi per vinta – ne era troppo attratta per arrendersi a quei fallimenti. E così mi presi qualche giorno per elaborare un nuovo piano – quella ragazza innamorata mi faceva tenerezza e non me la sentivo di dirle di no. Nel frattempo ero entrata in contatto con Alice, le avevo parlato di questa faccenda, e fu proprio lei a offrirsi di aiutarmi a risolverla. Non so i modi e i termini del suo intervento, ma l’importante è che sia riuscita a farti arrivare qui, Michael.”
“Io?!” Il racconto mi ha lasciato interdetto, e io non so se devo credere a questa storia assurda che sembra essere null’altro che un mucchio di baggianate prive di senso. “Si può sapere che c’entro io?”
“Ancora non lo hai capito che sei tu l’oggetto del desiderio della mia cliente disperata? Sei tu a non aver fatto una piega dopo aver bevuto il filtro d’amore, o a non esserti accorto di quanto lei abbia occhi solo per te.”
“Ma lei chi?” sbotto. In preda a una strana isteria mi alzo dalla sedia e mi metto a percorrere avanti e indietro i pochi metri dell’ufficio della maga.
“Caroline. Lavora nell’ufficio accanto al tuo.”
“Caroline!? Ma è…è assolutamente ridicolo. Caroline è una collega, nulla di più.”
“Questo è ciò che tu hai voluto vedere fino ad ora. Caroline è innamorata di te da molto tempo, e questo suo sentimento la sta logorando. Sei stato cieco di fronte ai suoi sentimenti e continui ad esserlo.”
Sono in presa a una vertigine che mi scuote tutto. Caroline…non riesco a crederci. Ci conosciamo da quattro anni, da quando è stata assunta allo studio, abbiamo fatto insieme centinaia di udienze, curato decine di clienti, preparato conferenze stampa, stilato fascicoli e rapporti. Abbiamo sempre lavorato benissimo fianco a fianco, e io l’ho sempre apprezzata per la sua precisione e la sua abnegazione al lavoro – qualità che ricerco in ogni avvocato con cui mi vado a confrontare. Ho stima di lei, e grande rispetto, e ho sempre pensato che dall’altra parte ci fossero sentimenti simili. Mi rendo conto solo ora di aver fatto un madornale errore di valutazione.


Entro nel suo ufficio senza bussare e quasi la spavento, tutta presa com’è a rileggere la bozza per l’arringa di domani per il caso Montgomery.
“Caroline” biascico, senza fiato. Ho la bocca impastata e non so neanche io perché.
Per un istante mi guarda muta, incapace di proferire parola. “Michael, credevo fossi già andato via. Hai bisogno di qualcosa?”
“Ho parlato con la maga, mi ha raccontato tutto.” Mi accascio su una delle due sedie davanti alla sua scrivania, senza neanche aspettare che mi dia il permesso. “Scusami.”
La sua espressione, finora preoccupata per la mia intrusione improvvisa, si fa immediatamente più distesa, anche se resta un velo di tristezza a ingrigire il suo sorriso. “E di cosa ti scusi?”
“Beh…di non essermi accorto del tuo interesse per me, di averti fatto soffrire per tutto questo tempo, di essere stato tanto sordo ed insensibile.”
“Sei solo troppo preso dal tuo lavoro, Michael. Non è una colpa.”
“Sono stato una persona orribile invece. Se solo me lo avessi detto prima, se ne avessimo parlato…accidenti!”
“Ma io te l’ho detto” risponde pacata. “Infinite volte. Te lo sto dicendo ogni giorno da tre anni a questa parte che sono innamorata di te.”
Mi frego le mani scuotendo la testa, alla ricerca di qualcos’altro da dire che non siano scuse. La sua sincerità senza fronzoli sta finendo di mandarmi in crisi. Posso solo immaginare quanto l’abbia fatta soffrire senza neanche accorgermene, mentre lei attendeva pazientemente un mio segnale.
Per tutti questi anni, sin da quando ero adolescente, ho sempre pensato che il dovere, la produttività, la precisione fossero le cose più importanti della vita. Ho studiato al college e mi sono diplomato con il massimo dei voti – per la soddisfazione di mamma e papà, poi mi sono iscritto alla facoltà di legge spinto dall’utopistico desiderio di combattere le ingiustizie sociali e sono diventato avvocato. Non mi ha pesato la gavetta massacrante né le paghe miserrime né il fatto di dovermi trasferire qui a Detroit, lontano dalla mia casa e dalla mia famiglia, per trovare un lavoro decente. Tutto quello che ho fatto, tutti i sacrifici compiuti, tutte le notti insonni sui libri o alle prese con casi complicati, ogni cosa è servita a farmi arrivare a questo momento, a essere associato di uno degli studi legali più prestigiosi della contea – e, tra l’altro, a un’età così giovane.
Dovrei essere fiero del mio percorso, orgoglioso di dove sono arrivato, e invece sto da schifo. Non ho passatempi, non faccio sport, nell’armadio ho quattro completi e uso solo quelli per ogni uscita che devo fare. Non ho curato le amicizie, le relazioni sociali, piano piano mi sono chiuso in una gabbia sempre più stretta e a tratti soffocante, per cui il lavoro non è una via di fuga. Nel frattempo, i miei coetanei e i miei ex colleghi dell’università o del tirocinio stanno comprando casa, stanno andando a convivere con le loro compagne, si stanno sposando – qualcuno ha avuto addirittura già un figlio. E io sono rimasto sempre più solo a vivere una vita certamente brillante e invidiabile, che però non posso condividere con nessuno. L’unica persona nella mia vita con la quale riesco a non parlare di lavoro, ogni tanto, è mia sorella Melissa, che non faccio altro che criticare per il suo stile di vita improntato al divertimento e alla perdita di tempo.

Ora questa faccenda, il racconto della maga, la confessione di Caroline e dei suoi sentimenti per me. Sono stato così insensibile alla vita davanti a me, allo sguardo di una donna che cerca disperatamente il mio, che si sono dovuti scomodare filtri magici e spiriti di defunti per farmi accorgere di ciò che stava accadendo.
Per la prima volta mi fermo un attimo a guardarla, a guardarla per davvero. Non una collega, non la vicina di stanza, ma la donna che non ho mai degnato di un’attenzione che non fosse esclusivamente professionale: lineamenti sottili e delicati, meravigliosi occhi verdi incorniciati da una montatura dorata sottile, labbra piene e rosse come una ciliegia di maggio, un’aura quasi angelica che fino ad ora non mi aveva mai neppure sfiorato. Chissà quanti uomini le avranno fatto la corte, a quanti inviti lei ha rinunciato in questi mesi…per me. “Posso farti una domanda?” le chiedo.
“Certo.”
“Perché io? Perché un disadattato sociale come me, che lavora diciotto ore al giorno e che nel poco tempo libero legge riviste di informatica e guarda le partite di squash in TV?”
Sorride. “Perché sei un uomo buono ed intelligente. Perché hai carisma. Perché mi piace quell’aria stralunata che ti porti sempre appresso, come se non fossi mai nel posto giusto e ti trovassi sempre un po’ spaesato.”
“Io…non so che dire. Sul serio. Sono stato uno stupido, non ho capito niente. Cosa vuoi che faccia ora – per provare a rimediare?”
“Potresti accompagnarmi a casa” risponde, continuando a sorridere. “Ho la macchina dal meccanico e avrei dovuto chiamare un taxi altrimenti.”
“Adesso?”
“Se tu hai finito sì. Potresti scoprire che non sono tanto male e, magari, che ti piaccio anche un pochino – senza l’aiuto di pozioni magiche…che ne dici?”
Dietro questo invito c’è molto di più di quello che sembra, e io non posso che accettare. “D’accordo.”
Mi inebrio nella morbidezza della sua mano che si rifugia in mezzo al mio palmo, e nella delicatezza del suo naso che per un momento mi sfiora la pelle del collo. È dai tempi del college che non esco con una ragazza e la mia quasi totale inesperienza, unita all’angoscia in cui mi hanno gettato queste rivelazioni recenti, mi rende completamente impreparato a quello che dovrà succedere.
“Vogliamo andare?”


Questo racconto è già apparso qualche tempo fa sul blog Narrativa Fantasy.

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