andrea robertazzi sabrina del fico

Andrea Robertazzi: quattro chiacchiere con l’autore di “Senza Passato”

Senza passato è un racconto crudo e impietoso della discesa agli inferi di un uomo comune che, ossessionato dall’alcol e dal gioco d’azzardo, si trova a commettere un’azione atroce che segnerà la sua esistenza per sempre. E infatti, malgrado il cambio di vita radicale, prima o poi Brando dovrà fare i conti con il proprio passato e con la giustizia. Ho avuto il piacere di intervistare l’autore di questo romanzo, Andrea Robertazzi, con il quale ho avuto un’interessante chiacchierata sui suoi personaggi in cerca di redenzione e sul bisogno di scrivere che ci accomuna.

Che storia è quella che racconti nel tuo romanzo?

In sostanza, è la storia di due personaggi predominanti e altri sfumati sullo sfondo. Questo perché ho optato per una narrazione agile e veloce, per cercare di non annoiare il lettore. Il mio intento era quello di fare qualcosa di energico, di vibrante dal punto di vista del coinvolgimento. Si tratta di un romanzo cupo, crudo che mira ad essere credibile, reale.

A chi ti sei ispirato per il tuo protagonista?

Il personaggio di Brando è integralmente frutto della mia immaginazione. Si tratta di un personaggio sul quale ho ragionato e riflettuto per molto tempo, prima di trasformarlo in un reale protagonista di un’opera. Nel corso degli anni mi sono costruito tutta la biografia, mi cono calato nei suoi panni e ci ho inserito qualcosa di mio – soprattutto per quanto riguarda alcuni pensieri e abitudini.
Sono voluto partire da una base stereotipata, da un personaggio abbastanza tradizionale, presente nella narrativa e mondo del cinema: una persona che ha avuto sfortuna nella vita, che è incline alle dipendenze, che cerca una via d’uscita semplice e facile dal mondo infausto. Da lì però, ho cercato di costruire un profilo psicologico diverso, ciò che rende unico Brando.

Quanto c’è di te in Brando?

Brando mi assomiglia pochissimo, più che altro nel suo essere pessimista e cervellotico nell’approcciarsi ai problemi e alle riflessioni in modo tendenzialmente critico e negativo. Qualche piccolo dettaglio qua e là, preso dalla mia esperienza personale, ovviamente c’è – ma si tratta di cose marginali che aiutano a “dare colore” personaggio.

Perché hai scelto un personaggio come Brando? Di solito il protagonista del libro è un eroe…

Sono un amante degli antieroi, tendenzialmente non mi appassionano persone con qualità e doti particolarmente spiccate, che sono solo luci e niente ombre. Mi appassionano invece i personaggi che vivono nel cono d’ombra, a metà fra il bene e il male. Cerco e racconto situazioni di vita che partono da presupposti negativi e che portano il personaggio a fronteggiare situazioni che non riesce a gestire e che lo sconfiggono. Mi piacciono le storie di sconfitta, perché a quelle di vittoria siamo fin troppo abituati, ma nella vita di tutti i giorni bisogna fare i conti con le sconfitte che sono molto più presenti delle vittorie.

In effetti, in questo libro non si salva nessuno. Tutti escono un po’ perdenti da questa storia, giusto?

Esatto. La mia intenzione era quella di rendere tutti i personaggi per certi versi apprezzabili agli occhi del lettore, ma ho voluto inserire anche degli elementi che portassero il lettore a mettere una certa distanza fra sé e il personaggio. C’è questo continuo tira e molla: si empatizza con un personaggio in un capitolo, e nel capitolo dopo se ne prendono le distanze a causa di un’azione sbagliata da parte sua. In questo modo si segue la vicenda con la sensazione che nel capitolo successivo potrebbe succedere qualcosa che ci allontanerà dal personaggio.

C’è speranza per il destino del protagonista?

La speranza c’è sempre. Il messaggio che vuole passare è che non si può scappare dai propri errori. Bisogna farci i conti ed assumersi le proprie responsabilità, prima o poi. C’è speranza di redenzione, ma solo se la persona compie un atto di maturità: per Brando, assumersi la responsabilità di ciò che ha commesso è un atto di grande maturità ed evoluzione. Resta però il fatto che il finale non vuole essere un lieto fine, perché è pur sempre la storia di due persone che si vogliono bene, la cui relazione si nel modo più brusco possibile e, soprattutto, senza nemmeno un confronto diretto. È proprio questa mancanza a dare durezza alla storia e lasciare un po’ di amaro in bocca.

Insomma, una storia che ti prende, ti entra dentro e ti tiene col fiato sospeso dalla prima all’ultima pagina. Un racconto a tinte fosche in cui non mancano momenti di forte umanità e barlumi di luce. Anche se, come ci tiene a sottolineare l’autore, tutti i personaggi sono imperfetti, grigi, mai completamente rivolti verso una redenzione. Una lettura più che consigliata, soprattutto a chi ama le storie ruvide e vere.


Potete acquistare il libro di Andrea Robertazzi al link qui sotto:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *