Francesco Cristino intervista

Sandmännchen e la Germania riunita: intervista al giornalista Francesco Cristino

Trentatré anni sono già trascorsi da quel famoso 9 novembre 1989, quando il Muro che divideva Berlino Est da Berlino Ovest fu buttato giù a picconate. Si trattò di un momento epico per la storia europea recente. Anche chi non c’era (come me), avrà visto quelle immagini iconiche centinaia di volte.

Tutto risolto fra est e ovest, quindi? Fine delle disuguaglianze, della diversità di opinioni, ricompattamento di due anime dello stesso Paese fra loro tanto lontane? La situazione, come si può immaginare, è ben più complicata di così. Per capirci qualcosa in più sulla questione mi sono fatta aiutare dal giornalista RAI Francesco Cristino, vice-caporedattore della redazione Cultura del Tg1 e autore del libro “La Repubblica di Sabbiolino. DDR…ma non troppo!”, un’ironica ricostruzione della Wiedervereinigung (riunificazione) fra est e ovest che parte dal protagonista di un cartone animato per bambini (dell’est): Sabbiolino.

Francesco cristino
Francesco Cristino è attualmente vice-caporedattore della redazione Cultura del Tg1

Chi è Sabbiolino e che ruolo ha avuto nell’infanzia dei bambini della DDR?

Sabbiolino – Sandmännchen per gli amici tedeschi – era il protagonista della trasmissione per bambini della sera, una sorta di carosello (senza pubblicità) che andava in onda sulla TV dell’allora Germania est ma che, cosa abbastanza unica per un prodotto del socialismo reale, è rimasto ancora oggi. Infatti, viene trasmesso ogni sera, sugli attuali canali della Germania riunificata.

Cappuccio rosso, pizzetto e capelli bianchi ma aspetto da tenero bimbo: insomma, un mix tra carisma della vecchiaia e tenerezza dell’infanzia che ne decretò, fin da subito, il successo tramutandolo in una vera e propria star della tv tedesca. Un personaggio che deve le sue origini al mito – nordico e mitteleuropeo – dell’omino della nanna. La sua genesi, inoltre, è figlia della Guerra Fredda.

Perché? Cosa c’entra con la Guerra Fredda?

Correva l’anno 1959. I primi ad avere l’idea di una trasposizione televisiva del mitico personaggio furono gli autori della tv di Berlino Ovest. Venuti a conoscenza della notizia, dalle parti della televisione dell’Est intuirono però subito come dietro questa mossa si celasse la volontà dell’Occidente capitalista di catturare non solo l’immaginario dei bambini anche quello dei loro genitori. Una vera minaccia all’esistenza del Sozialismus, insomma. Da qui l’ordine di attivarsi immediatamente per la realizzazione di un ‘nostro Sabbiolino’. E così andò: Unser Sandmänchen non solo bruciò sul tempo il Sabbiolino dell’Ovest, ma si rivelò addirittura un prodotto migliore.

Possiamo considerare Sabbiolino un’eredità della DDR?

Sul piano storico, confesso che mi ha sempre affascinato la piccola vicenda ai più sconosciuta: partire da questa per poi allargare il campo e dare un senso, magari anche inedito, alla storia più grande. Nel caso della DDR, ci troviamo di fronte ad un racconto di 40 anni e qualche mese che è stato annientato, in men che non si dica, dall’Ovest, con la forza dirompente di un bulldozer che non si è minimamente preoccupato se tra le macerie fosse rimasto ancora qualcosa da salvare.

Una riflessione che mi ha riportato a quella di poesia di Montale che fa più o meno così: “La Storia non è poi la devastante ruspa che si dice. Lascia buchi e sottopassaggi, c’è chi sopravvive”. Il sopravvissuto è di per sé l’incarnazione della memoria e quindi della Storia. Ma se questo sopravvissuto non è fatto di carne e ossa, ma piuttosto di lana e stoffa… come la mettiamo? Che prospettiva assume la Storia, che lettura possiamo darne e quali coordinate guideranno il nostro racconto?

Sono queste le domande che mi sono posto, nel momento in cui ho deciso di scrivere un libro su Unser Sandmänchen. La mia risposta è stata l’infanzia, l’infanzia come prospettiva – un po’ diversa dal solito – per raccontare la Storia, con il suo carico di memoria, memorie e favole. Un’infanzia rappresentata, appunto, da Sabbiolino, unico vero vincitore della DDR: un sopravvissuto, ma anche un campione della riunificazione dell’infanzia tedesca, che ancora oggi contribuisce alla costruzione di una nuova identità tedesca condivisa. Nel suo piccolo e per i più piccoli.

Tornando al Mauerfall, ci sono state persone dall’esterno che hanno contribuito alla caduta del Muro?

Penso che la caduta del Muro di Berlino, come evento in sé ovvero fatto storico accaduto in un ben preciso giorno non possa essere attribuito ad un grande personaggio in particolare. E questo perché nessuno, in realtà, si aspettava che il Muro potesse cadere.

Tuttavia, se proprio vogliamo dare un merito a qualcuno, beh… allora ti faccio altri due nomi. Il primo, quello di Riccardo Ehrman, l’allora corrispondente dell’agenzia ANSA a Berlino che con le sue domande, le domande giuste, diede di fatto la prima picconata al Muro (che sarebbe crollato poi la sera stessa). Con Ehrman, inoltre, ho di fatto scritto l’ultimo capitolo del mio libro. Ora lui non c’è più ma mi piace ricordarlo in ogni occasione perché la sua storia è davvero incredibile. Ehrman era italiano, ebreo figlio di polacchi che si trasferirono a Firenze per sfuggire alle persecuzioni naziste. E con la sua famiglia, nel ’42, venne rinchiuso nel più grande lager italiano il Ferramonti di Tarsia, a pochi chilometri da Cosenza. La parabola di Riccardo è stata, dunque, quella di chi da perseguitato della Storia è diventato artefice della Storia il 9 novembre 1989.

L’altro nome è invece quello di Gūnter Schabowski, portavoce del governo della DDR. Egli, a partire dalle domande fatte da Erhman, annunciò a sorpresa la decisione presa dal regime di liberalizzare ab sofort (da subito) i viaggi delle persone tra est e ovest. Una decisione figlia delle pressioni che arrivavano dall’interno e soprattutto dell’esterno della DDR, da tempo ormai in crisi sul piano politico, economico e soprattutto di immagine a causa delle continue fughe dei suoi cittadini. Dunque, merito a due figure magari meno rilevanti di quello che la Storia richiederebbe, ovvero un giornalista e un burocrate, ma che sono stati quel giorno i veri artefici della caduta del Muro, il primo imprescindibile passo verso la riunificazione delle due Germanie.

Cosa è cambiato dal 1989 a oggi in Germania? Il Paese è ancora diviso oggi?

La riunificazione è stata certamente un evento straordinario, ma credo inevitabile. Se non fosse stato per quel 9 novembre, la DDR come sistema sarebbe prima o poi venuta meno comunque. La riunificazione in sé è stata poi una scommessa, in parte vinta e in parte ancora no. Oggi la Germania unita è, per usare le parole del suo Presidente Steinmeier, più in là di quel che i tedeschi credono ma ancora lontana da dove si vuole arrivare.

Insomma, ciò che unisce è più di ciò che divide. Sul piano economico abbiamo assistito, negli ultimi 30 anni, ad un grande balzo economico della parte Est del Paese, ma gli squilibri indebitamente ancora restano. Il dato strutturale forse più importante è la mancanza di grandi imprese nel territorio dell’ex DDR, sono tutte ad Ovest. L’altro problema, poi, è che il grande sviluppo della locomotiva tedesca qualcuno indietro lo ha lasciato. E spesso si è trattato di un cittadino dell’est.

Da qui la sfiducia, anche per le speranze disattese, che si sono trasformate in vera e propria rabbia nei confronti del sistema democratico. La domanda vera è: queste distorsioni potevano essere evitate? Chi lo sa, la Storia non si fa con i se. Ipotizziamo: fare le cose con più calma, magari passando per un referendum ma soprattutto dando per primi ai cittadini della DDR la possibilità di elaborare un’esperienza democratica ed economica autonoma. Realizzarsi ovvero per quello che effettivamente erano, “il popolo”, prima di riunirsi ai fratelli dell’Ovest per essere “un popolo”.

Come dobbiamo guardare oggi alla DDR?

Il mio interesse per la DDR non è masi stato di tipo politico-ideologico. Quello che mi ha sempre interessato è l’aspetto popolare, inteso come la vita di un popolo nei 40 di questo Stato e poi nei mesi, e negli anni, euforici della Wende. E poi, come detto, in questi ultimi 30 e passa anni di grandi balzi in avanti, ma anche di contraddizioni e nodi ancora tutti da sciogliere. Quindi la cultura del popolo, la ‘cultura pop’ con i suoi miti e i suoi simboli. Sabbiolino ne è un fulgido esempio, ma ce ne sono tanti altri.

Sicuramente ad innalzare questi simboli a feticci, anche fuori dall’ambiente dell’est, è stata la cosiddetta Ostalgie ovvero la nostalgia dell’est, di cui il film Goodbye Lenin! è sicuramente il manifesto.  L’Ostalgie nasce dalla presa di coscienza, seguita all’entusiasmo della caduta del Muro e della riunificazione, che i tedeschi in realtà non erano una nazione e che le differenze c’erano eccome; differenze che soprattutto gli Ossi, quelli dell’est, nella legittima euforia del momento avevano troppo presto messo sotto il tappeto per poi ritrovarsi ben presto nella spiacevole situazione di sentirsi i fratelli perdenti, la massa fallimentare sotto nuova gestione.

francesco cristino intervista
Una scena del film “Goodbye, Lenin” (2003)

L’Ostalgie è un sentimento ancora vivo, secondo Lei?

È certamente qualcosa di identitario e sincero ma che, secondo me, non ha granché a che fare con il Sozialismus. Alla DDR in sé, come sistema politico-economico, credo siano davvero in pochi a poter guardare con un sentimento di tenerezza o nostalgia. Poteva pure essere l’esperimento nato con le migliori intenzioni, ma si è rivelato un fallimento. Se non un vero e proprio inferno, per tanti. L’Ostalgie, dal mio punto di vista, ha dunque una matrice soprattutto infantile.

Un esempio? Sabbiolino oggi va in onda sia sul canale per bambini Kika, trasmesso in tutta la Germania, sia sulle TV dei Länder dell’Est: sul primo è seguito – dati d’ascolto alla mano – principalmente dai bambini. E fin qui nulla di strano. Nel secondo caso, invece, la maggior parte degli spettatori è composta da adulti e anziani. Ma come, mi dirai, un cartone animato? Nulla di strano, se consideriamo quegli spettatori come gli ex bimbi della DDR che, ogni sera, si riconciliano con la loro Patria, non quella di Honecker ma quella della loro infanzia.

Potete acquistare il libro di Francesco Cristino, “La repubblica di Sabbiolino. DDR…ma non troppo” al link qui sotto:


Questo articolo non sarebbe stato possibile senza il prezioso contributo del mio ex-collega universitario Ferdinando Alfieri, creatore di Auf gut Deutsch!, il primo podcast italiano interamente dedicato a Germania, Austria e Svizzera. Lo trovate qui sotto:

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